Erano le 22,00 di un novembre freddo e piovoso. Il lungo ponte ferroviario attraversava il Grande Fiume con un balzo, i binari si rincorrevano desolati su lastre di metallo nero, il traffico dei treni era bloccato giĂ dalla mattina. Gli argini erano sovraffollati da persone accorse per vedere la grande massa dâacqua; sotto il ponte, il Po scorreva veloce verso il mare emettendo un brontolio inquietante. Ponte ferroviari di Pontelagoscuro Ero sul cavalcavia della ferrovia che collega Bologna a Padova, a Pontelagoscuro, nei pressi di Ferrara. Alcuni tecnici della Protezione Civile, alla luce di forti lampade, controllavano un idrometro posto su uno dei piloni sotto il ponte. Era la sera del 7 Novembre del 1994, lâalluvione era iniziata due giorni prima, in Piemonte, con lâesondazione del Tanaro. Il fiume, dopo tre giorni di piogge continue, era cresciuto a dismisura e, uscendo dai suoi argini, aveva invaso gran parte del territorio dei comuni limitrofi. Lâenorme massa di acqua era poi arrivata fino al Po. Il Grande Fiume, giĂ carico delle acque portate dagli affluenti piĂš a monte, lâOrco e la Dora Baltea, era aumentato notevolmente, straripando in vari punti del suo percorso, causando ingenti danni e allagamenti estesi. I miei colleghi ed io eravamo in attesa di quellâonda di piena prevista per la notte. Faceva freddo ed ero preoccupato per quello che sarebbe potuto accadere. Il Po che scorreva sotto di me andava veloce verso la foce trasportando con sĂŠ tutto quello che trovava nellâacqua e sulle sponde. Mentre guardavo quella massa scura, andavo con la mente a quanto era accaduto nella giornata. La mattina avevo registrato le immagini della zona alluvionata alla confluenza con il Tanaro. Ero a bordo di un elicottero dei Carabinieri e dallâalto la devastazione era piĂš evidente. Vasti terreni erano sotto fango e acqua: câerano case semisommerse, alcune mucche, che si erano salvate dalla furia dellâalluvione, vagavano per le campagne con le zampe immerse fino ai garretti. Sulle strade, anchâesse semisommerse, automezzi anfibi dei Vigili del Fuoco giravano alla ricerca dei dispersi. Alluvione del Po del 1994 Lasciato lâelicottero a Piacenza, stavamo tornando verso Ferrara in auto. Eravamo sulla via Emilia quando ho visto un segnale stradale che indicava Brescello. Abbiamo fatto una deviazione verso quel Paese di cinematografica memoria. Nella Cittadina della Bassa Reggiana era stata girata la fortunata serie di cinque film su Don Camillo e lâOnorevole Peppone, racconti nati dalla penna dello scrittore e giornalista Giovannino Guareschi. La vicenda raccontava ironicamente la storia del Parroco Don Camillo, impersonato dallâattore francese Fernandel, e della sua eterna lotta con il Sindaco comunista Peppone, Gino Cervi. La lotta finiva inevitabilmente con pacifiche strette di mano tra i due contendenti. Agli interpreti principali se ne univa un terzo: il Cristo in Croce che parlava con il parroco. A GesĂš si rivolgeva il prelato per chiedere consigli; il Cristo, a sua volta, dava pareri con una voce accondiscendente o ammoniva il sacerdote con espressione adirata. Per rendere piĂš veritiera questa conversazione, pur nellâironia che câera tra il prete e il Salvatore, erano stati scolpiti nel legno tre volti di GesĂš, sorridente, tollerante e adirato: il viso veniva cambiato secondo le esigenze del copione. Il Crocifisso, una volta terminate le riprese e dopo una solenne benedizione, era stato donato alla Chiesa. In uno di quei film si narrava di unâinondazione. Probabilmente il riferimento era allâalluvione del Polesine avvenuta nel 1951, una tragedia che causò circa 100 vittime e 180.0000 senza tetto, con molte conseguenze sociali ed economiche. Don Camillo, per chiedere la grazia al Signore affinchĂŠ mettesse fine a quellâevento drammatico, aveva portato il Crocifisso in processione sul Po. Quelle pellicole con un Cristo parlante avevano commosso e divertito il pubblico cinematografico di quel periodo. Eravamo alla fine degli anni â50, la Seconda Guerra Mondiale era finita da poco e tra i miei ricordi piĂš cari di quegli anni ci sono i film di Don Camillo e lâOnorevole Peppone. Inutile dire che ho visto quelle pellicole diverse volte. Erano gli anni della mia infanzia. Don Camillo e L'Onorevole Peppone Una volta arrivati a Brescello, ci siamo diretti nella Chiesa di Santa Maria Nascente, dove ho chiesto al Parroco di vedere il Crocifisso del film. Il sacerdote mi ha accompagnato verso una porta; siamo scesi per delle scale e lĂŹ, poggiato al muro, coricato da una parte e con uno dei bracci della Croce che toccava per terra, câera il famoso Cristo in completa solitudine. Nella mia immaginazione sembrava mi stesse dicendo: âGuarda dove mi hanno abbandonatoâ. Una mano e i piedi di GesĂš erano giĂ lambiti dallâacqua. Anche in quel sottoscala stava salendo lâalluvione. Era unâimmagine triste e significativa della situazione. Ho registrato alcuni fotogrammi di quella visione molto eloquente mentre, in cuor mio, ho scambiato due parole con il Salvatore ricordando il tono della voce che aveva nel film. Ho salutato GesĂš, il gentile Parroco e sono ripartito alla volta di Ferrara. Sorridevo ancora al ricordo della serie cinematografica e della mattinata passata a Brescello, in compagnia dei due antagonisti creati da Guareschi, ma con il passare delle ore il freddo stava crescendo. Le lastre di quel ponte mi trasmettevano il gelo attraverso le suole delle scarpe. Ad aumentare il disagio, una pioggerellina fitta era cominciata a cadere portando con sĂŠ una fastidiosa umiditĂ . Lontane, le finestre illuminate delle abitazioni di Pontelagoscuro sembravano occhi curiosi. Lâacqua del Grande Fiume aveva accelerato la sua velocitĂ con lâapprossimarsi dellâonda di piena ed era aumentato il sordo frusciare e gorgogliare della massa di liquido spinta dalla corrente. Come a un segnale, tutti quelli che erano sul ponte (compreso me), si sono spostati velocemente sugli argini in attesa di registrare lâeventuale drammatico avvenimento. Al centro del Po era rimasta solo la fragile barriera dei piloni che sostenevano la struttura. Le telecamere della diretta stavano trasmettendo quanto accadeva ai vari telegiornali ed io ero pronto per registrare. Il livello del Po era veramente al limite della portata, sembrava stesse per esondare da un momento allâaltro poi, dopo unâora circa, il livello delle acque è cominciato a scendere. Lâallarme era finito e con esso anche il pericolo e le preoccupazioni per il ponte e per le abitazioni vicine allâargine. Il nostro viaggio è proseguito il giorno seguente nel Polesine, oltre Porto Tolle, ultimo centro abitato prima dello sbocco in mare del piĂš grande braccio del delta, il Po della Pila. A bordo di una barca câeravamo diretti verso la foce. In quel tratto il fiume era incorniciato da chilometri di canneti che ci hanno accompagnato fino al mare. LĂŹ, sulla spiaggia si era depositato tutto quello che lâacqua aveva trascinato con la sua furia. Sulla sabbia bianca câerano tronchi dâalbero e pneumatici di tutte le grandezze, resti di abiti, pezzi di mobili; câera plastica ovunque: bottiglie, taniche di tutti i colori, parti di giocattoli e, purtroppo, corpi di animali morti. Il Grande Fiume non aveva lasciato nulla nella sua folle corsa dal Piemonte al mare Adriatico. Con queste ultime immagini abbiamo lasciato il delta del Po che stava pian piano rientrando nel suo alveo. Lâalluvione del 1994 aveva causato 70 vittime e 2.226 sfollati. In questi giorni di emergenza coronavirus, il Cristo parlante di Brescello ha fatto di nuovo la sua comparsa. Il Parroco della cittadina della Bassa Reggiana, Don Evandro Gherardi, emulando il suo collega cinematografico Don Camillo, ha portato sul sagrato della Chiesa il famoso GesĂš della serie cinematografica. âDa questa mattina, Il Crocifisso di Don Camillo è esposto allâesterno della chiesa di Brescello. Cristo morto e risorto per la nostra salvezza, faccia cessare lâepidemia su Brescello, lâItalia e il mondo interoâ. Con queste parole, Don Evandro ha annunciato ai fedeli la decisione di porre il Crocifisso fuori dalla chiesa. Il sacerdote ha poi postato su una pagina social il saluto che Fernandel (Don Camillo) aveva dato ai cittadini in fuga in vista della piena del Poâ:  Il Parroco di quel film, dopo questo accorato saluto, era quindi rimasto solo sul campanile; accanto a sĂŠ aveva la compagnia di GesĂš, di una bottiglia di lambrusco e del pane con del salame. In sala, tra il pubblico, era sceso un silenzio attonito, si sentiva lo sgomento e la tristezza per quel sacerdote abbandonato, ma poi, solo, su una barca a remi, da dietro una casa, è sbucato lâOnorevole Peppone che tornava per salvare il suo amico-nemico. A quel punto gli spettatori hanno cominciato ad applaudire felici della svolta finale.
di Giorgio Moscatelli